“La chiamavano guerra – Appunti di viaggio sulla pace e sull’arte di costruirla” – Davide Berruti

Prefazione di Pietro Veronese
Introduzione di Luisa Morgantini
Autore: Davide Berruti

Come si costruisce la pace e perché “conviene” di più fare la guerra? Questo libro svela i meccanismi che oppongono la costruzione della pace alle spinte nazionaliste, dell’odio etnico, della sopraffazione e della violenza. Uno di questi meccanismi consiste nel far credere all’opinione pubblica che la guerra non esiste più. C’era una volta la guerra, quella che hanno combattuto i nostri padri e i nostri nonni, non certo ora, non qui.

Il termine guerra è tenuto lontano dagli strateghi della comunicazione, vuoi per ottenere consenso nei percorsi parlamentari e dall’opinione pubblica, vuoi per non disturbare l’andamento dei mercati e delle borse con notizie troppo allarmanti. Ma anche per non risvegliare troppo quella coscienza collettiva che, se informata, si leverebbe contro ogni disavventura di conquista o scellerato progetto di intervento militare. Ed ecco che proprio loro, i militari, hanno inventato e diffuso la nuova veste della guerra: il peacekeeping

Una sorta di caserma all’incontrario. Che ti prepara all’uso delle armi del dialogo e della tolleranza. Questo è il futuro delle relazioni internazionali. Questo è quello di cui abbiamo bisogno.

“La questione che ha appassionato la mia generazione è stata se gli Stati abbiano o no il diritto di varcare le frontiere di altri Stati per imporre con la forza la pace, oppure il rispetto dei diritti umani. È stata se le frontiere, questo limite simbolico, sacralizzato (i nostri nonni morirono per i “sacri confini della patria”), debbano essere anche il limite della giustizia, della vita, dell’umanità. È una questione che non abbiamo saputo risolvere. Abbiamo esitato tra il ripudio del ricorso alla forza, qualunque ne fosse la causa, il contesto, lo scopo, e lo sdegno per la passività dell’Occidente davanti alle stragi e ai genocidi. Non è bastata la nostra generazione per stabilire un criterio, un principio universalmente condiviso. La ricerca continua. Resta viva, praticata, operante, la volontà dei costruttori di pace. È da lì che bisogna eternamente ripartire”. (Pietro Veronese)

“L’autore evidenzia come sia indispensabile separare gli interventi di costruzione della pace (peacebuilding) dalla commistione con i militari e al contempo racconta i palesi fallimenti e le ipocrisie degli aiuti umanitari, che invece di agire sui conflitti per creare condizioni di sviluppo e di economia sociale diventano portatori di nuovi conflitti e disuguaglianze”. (Luisa Morgantini)

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